Il violino








Gaudenzio Ferrari, Orchestra angelica
Santa Maria dei Miracoli, Saronno
Ho un violino che è nato nel 1713. E' venuto al mondo
molto prima di me, e spero sopravviva a lungo dopo che io 
me ne sarò andato. Non lo considero come il mio violino. Piuttosto,  sarebbe forse meglio dire che io sono il suo violinista; sono io, in fin dei conti, che vengo ad attraversare la sua lunga vita. (Ivry Gitlis)


Il violino è uno dei grandi prodotti del tardo Rinascimento, il risultato di un processo di evoluzione. Verso la fine del XV secolo gli strumenti musicali erano ancora piuttosto primitivi, adatti per la musica da danza o per accompagnare il canto ma non per sviluppare e sostenere per conto proprio una melodia.

Gli antenati del violino erano a tre corde, come testimonia la volta della cattedrale di Saronno, dipinta da Gaudenzio Ferrari, in cui sono "ritratti" dei violini e un violoncello.

La svolta avvenne nella bottega di un artigiano che serviva le corti di Mantova e di Ferrara e che combinò il cavigliere della ribecca (uno strumento simile al liuto, di origine moresca) con i fori armonici della lira da braccio.

Tuttavia, inizialmente, il violino non godette di buona reputazione. Era opinione comune tra i musicisti dell'epoca che si trattasse di uno strumento buono per accompagnare le danze ma che non meritasse particolare interesse: "viene usato da ben poche persone, eccetto quelle che lo suonano per lavoro, per guadagnarsi da vivere" scriveva nel 1556 Philibert Jambe de Fer.

Addirittura la Chiesa, in alcune zone d'Italia,  arrivò ad emanare degli editti che ordinassero la distruzione di questo licenzioso strumento dal "suono stridulo".

Fu la regina di Francia, Caterina de' Medici, a far si che il violino iniziasse la sua ascesa. Caterina era una Medici e aveva respirato l'aria del Rinascimento a Firenze, città in cui era nata. Trascurata inizialmente dal marito, si circondò di servitù a artisti proveniente dalla sua città natale; gli svaghi di corte erano accompagnati da musica per violino. Un gruppo di violinisti, capeggiato da Balthasar de Beaujoyeux, giunse alla corte di Francia intorno al 1555 per volere di Caterina.

Il violino più antico pervenutoci
opera di Andrea Amati, 1564
Ashmolean Museum
Gli strumenti di questa piccola orchestra di musici non ci sono pervenuti, tuttavia ne restano alcuni esemplari di poco successivi.

Più o meno in questo periodo, la regina ordinò dall'Italia una serie di 38 strumenti a corda; l'intera serie venne realizzata nella città di Cremona; di essa faceva parte anche un piccolo violino datato 1564 che oggi giace adagiato nella sua teca all'Ashmolean Museum, il più vecchio violino sopravvissuto fino ad oggi.

Tutti questi strumenti furono realizzati da Andrea Amati che, con la sua famiglia, avrebbe dominato la liuteria per i successivi cento anni.

Anche se non può essere considerato l'inventore del violino, Andrea Amati fu colui che fissò i criteri base, sia della forma sia del funzionamento di questo strumento che presto avrebbe assunto i connotati di una vera e propria opera d'arte.

Verso la fine del XVI secolo la fortuna del violino era ormai divenuta inarrestabile come testimoniano alcuni dipinti di Caravaggio e altri artisti che ne immortalarono la bellezza. La prima musica specifica per violino fu composta da Balthasar de Beaujoyeux, per un balletto in onore del matrimonio di una figlia di Caterina de' Medici.
Particolare di un dipinto di Caravaggio 
Con la fondazione dei "Vingt-Quatre Violons du Roi" da parte di Luigi XIII il violino assunse a poco a poco quel ruolo di cavallo da traino dell'orchestra che mantiene ancora oggi.

In una lettera inviata a Galileo Galilei da parte di padre Fulgentius Micanzio si può leggere:
"Per quanto riguarda il violino che vostro nipote ha detto di voler comprare passando di qua, ho parlato con il maestro di Concerti di San Marco. Mi ha detto che i violini bresciani sono più facili da trovare, ma quelli di Cremona sono incomparabilmente superiori - di fatto, rappresentano il non plus ultra; e tramite il cremonese signor Monteverdi, Maestro di Cappella di San Marco, che ha un nipote che vive a Cremona, ho dato l'ordine di mandarmi qui uno di questi violini. La differenza di prezzo vi farà chiaramente capire qual è il modello migliore, dato che quelli di Cremona costano come minimo dodici ducati  (circa 435 euro) l'uno, mentre gli altri possono essere comprati per meno di quattro ducati. Dato che vostro nipote è al servizio di Sua Altezza di Bavaria, penso che sarà molto più contento se il violino ordinato verrà mandato a Venezia il prima possibile...".

La lettera, è di straordinario interesse, sia per i prezzi che riporta sia per il riferimento ad un consulente d'eccezione come Claudio Monteverdi, la cui prima opera, l'Orfeo, composta nel 1607, conteneva alcune delle musiche per violino più complesse fino ad allora composte. C'è qualcosa di meraviglioso nel fatto che i violini di Amati costituiscano un collegamento tra il fondatore dell'Astronomia e il primo compositore dell'epoca moderna.

Simbolismi

Il violino è uno strumento dalle forme femminili, tanto che nel 1924 il fotografo Man Ray sovrappose una coppia di fori armonici a sulla schiena nuda di una modella, sottolineando in questo modo la straordinaria somiglianza con le linee di un violino.

Il violino in effetti è sempre stato descritto in termini antropomorfici: il corpo o cassa armonica, il fondo o dorso, e una pancia separata da fasce o costole laterali; ad una delle estremità è collegato un manico o collo che sale verso la testa dello strumento. Già con Amati la testa assunse la forma di un riccio, esteticamente leggiadro ma avente la semplice funzione di gancio.
Nella storia del violino è sorprendente rilevare un'analogia nei confronti della croce. Particolari in apparenza insignificanti assumono sotto questa ottica significati importanti e interessanti. I tre chiodi inseriti nella parte inferiore del manico dovevano avere la benedizione della Chiesa e non è un caso che le corde di budello del violino dovevano essere rigorosamente di agnello, un chiaro riferimento all'Agnus Dei e ai chiodi della Passione. La vernice usata rappresentava la Regis pùrpura, la "vernice" mistica del legno della Croce.
Le relazioni fra il violino e il Santo Graal trovavano una relazione ben precisa. Per i padri della Chiesa la creazione era come un strumento musicale nelle mani di Dio. Tale rappresentazione fu ripresa nel Seicento da Robert Fludd nel "Monochordum Mundi Symphoniacum", con Terra e Cielo collegati da una corda tesa.
Sant'Agostino paragonava le corde degli strumenti musicali al corpo di Cristo sulla Croce: "anche le corde infatti sono carne, ma ormai esente dalla corruzione".
Il violino diventa così una sorta di "crux dissimulata". Tutti questi simbolismi sono oggi quasi ignorati ma fino alla Rivoluzione Francese erano ancora molto sentiti. Nonostante Paganini fosse un romantico la sua formazione era classica e indubbiamente questo aspetto simbolico del violino non doveva essergli sconosciuto. Formatosi nelle chiese e nella biblioteca Di Negro entrò certamente in contatto non solo con testi musicali coevi e barocchi ma anche con testi di musica greca. Nelle sue lettere si trovano tanti riferimenti alla musica scientifica e filosofica e alla "filosofia musicale" e, particolarmente, alla "filosofia del violino". Molti aspetti del suo operato assumono quindi significati ben precisi.

Caratteristiche del violino

Il violino è il più acuto degli strumenti ad arco, dotato di quattro corde accordate per quinte giuste (sol2  re3  la3  mi4). La sua estensione è compresa tra il sol2 e il sol6. La nota più acuta riproducibile è il do7.

La cassa di risonanza ha una lunghezza variabile tra i 34, 9 cm e i 36,2 cm. Si compone di 75 o 76 pezzi, 20 dei quali posti all'interno della cassa armonica; il fondo è in acero, legno impiegato pure per le fasce laterali, per il manico, il riccio e per il ponticello; la tavola armonica (o coperchio), parte vibrante per eccellenza, è in abete, legno usato inoltre per tutte le altre parti interne (controfasce, tasselli, anima, catena, ecc.). In ebano è costruita la tastiera (sui cui si appoggiano le dita della mano sinistra), il capotasto (incollato trasversalmente all'inizio della tastiera), la cordiera, il bottone a cui è legata la cordiera, e le quattro caviglie che permettono l'esatta tensione delle corde. Sulla tavola, ai lati del ponticello, sono intagliate due effe, che consentono l'uscita del suono della cassa armonica. Il coperchio e il fondo del violino, più o meno convessi, sono rinforzati ai bordi da un triplice intarsio di filetti. Le corde sono agganciate, a un'estremità, alla cordiera, all'altra, alle caviglie, poste in fondo al manico, che termina in un elegante riccio, chiamato anche voluta o chiocciola. Dalla qualità della vernice e del legno, nonché dalle minime variazioni di spessore e di sagomatura di quest ultimo, derivano in gran parte i pregi e i difetti acustici del violino.

La costruzione del violino richiede un lavoro altamente specializzato, possibile solo dopo anni di esperienza; il legno deve essere invecchiato mediante stagionatura naturale; la vernice è di fondamentale importanza, oltre che per la qualità del suono, anche perché preserva lo strumento dai danni del tempo. Il modo di prepararla e gli ingredienti impiegati costituirono in passato un vero e proprio segreto dei liutai.
A seconda del tipo di vernice, il violino presenta un colore che varia dal giallo pallido, ambrato, al bruno rossiccio. Tra gli antenati del violino furono alcuni strumenti medievali: la ribecca, la viella, più tardi la viola e la lira da braccio.

Antonio Stradivari, unico ritratto noto
opera di Gialdisi, collezione privata
La trasformazione che portò il violino ad assumere la sua forma attuale avvenne però gradatamente, in modo che non si può stabilire una priorità assoluta nella sua costruzione da parte di un liutaio in particolare, ma è solo possibile indicare quelli che furono i suoi primi e maggiori artefici: gli italiani Andrea Amati e Gasparo da Salò, che pare non abbia costruito violini prima del 1574. I due diedero vita rispettivamente alla scuola cremonese e alla scuola bresciana.

Tra i liutai successivi più insigni vi sono ovviamente Stradivari e Guarneri. Stradivari in particolare raggiunse nei suoi strumenti la perfezione per equilibrio delle proporzioni e omogeneità del suono. Tra gli allievi di Stradivari si citano Bergonzi, Guadagnini e Gagliano.
Fiorenti furono anche le scuole francesi e tirolesi rispettivamente rappresentate da Vuillaume, da Stainer e dalla dinastia Klotz.




Guarneri del Gesù

Non esistono ritratti ufficiali
di Giuseppe Guarneri del Gesù.
Questo piccolo ritratto, sia pur
di modesta fattura, è l'unica
rappresentazione coeva del
maestro cremonese.
La storia di Paganini è strettamente intrecciata a quella del suo violino, un violino realizzato da un maestro cremonese fino ad allora poco considerato, Bartolomeo Giuseppe Antonio Guarneri, detto "del Gesù" in quanto si firmava, all'interno della cassa armonica, con la sigla eucaristica IHS, sormontata da una croce greca che figurava sulle sue etichette.

Come per Stradivari, la storia e la genealogia della famiglia Guarneri presenta ancora oggi diversi punti oscuri e diversi interrogativi. Il capostipite, Andrea Guarneri, nacque nel 1625 e fu apprendista nella bottega di Nicolò Amati dove apprese i segreti dell'arte della liuteria. Pur non raggiungendo mai l'eleganza del maestro, Andrea Guarneri dimostrò di avere uno stile personale. Morì nel 1698 lasciando due figli: Pietro e Giuseppe; il primo si trasferì a Mantova dove si mise in proprio mentre il secondo fu nei fatti erede del padre, ne perfezionò l'operato con alcune modifiche riguardanti il legno, la vernice e l'intaglio di cui fu maestro. 
Dal matrimonio con Barbara Franchi nacquero tre figli: Andrea (morto adolescente), Pietro che si trasferì a Venezia mettendosi in proprio ma senza aprire una bottega, e Bartolomeo Giuseppe (1698). E' su quest'ultimo che si intrecciano dubbi e interrogativi nati soprattutto in epoca romantica.

Sappiamo che Bartolomeo Giuseppe lavorò accanto al padre ormai anziano e ne prese via via il posto; il suo stile si ispirava a quello di Stradivari e a quello della scuola bresciana. Nella sua vita ad un certo punto c'è un buco di otto anni, dal 1722 al 1731. Secondo alcuni studiosi egli si recò a Bozzolo per studiare con il Ghisalberti. Sta di fatto che dal 1731, ormai più che trentenne, Bartolomeo Giuseppe torna a dedicarsi alla liuteria e con risultati stupefacenti. Dal 1736 il suo stile prende finalmente una forma personale raggiungendo la piena maturità e distaccandosi completamente dallo stile della sua famiglia e dalla tradizione cremonese. Morì nel 1744 e con lui si chiuse una generazione di liutai e la grande tradizione della liuteria cremonese. Fin qui nulla di strano se non fosse che, per molti studiosi, Guarneri del Gesù e Bartolomeo Giuseppe Guarneri non sarebbero la stessa persona. Lo stile di "del Gesù" era completamente diverso da quello degli altri Guarneri e questo elemento è la prima stranezza che si incontra nella sua biografia. Anche sulla sua nascita non ci sono certezze: c'è chi la colloca nel 1683, chi nel 1686 e chi nel 1687. Da alcuni documenti di archivio si evince che un Bartolomeo Giuseppe Guarneri sarebbe nato il 17 ottobre 1686 e non nel 1698, figlio di Giovanni Battista Guarneri, cugino di Andrea Guarneri, e Angiola Maria Locatelli. In parole povere, secondo alcuni, Guarneri del Gesù fu solo imparentato con l'omonima famiglia di liutai, mentre Bartolomeo Giuseppe Guarneri, che ancora oggi taluni identificano con Guarneri del Gesù, non si sarebbe nemmeno dedicato all'arte della liuteria; sarebbe andato via di casa nel 1722 per sposare la figlia di un soldato austriaco, Caterina Roda, dalla quale non ebbe figli (ecco spiegati quegli otto anni misteriosi). Un errore di identità dovuto ad omonimia e alle scarse notizie biografiche. 

Tutto questo spiegherebbe l'enorme diversità di stili tra Guarneri del Gesù e la sua presunta famiglia: la sua ossessione per l'acustica, la scelta minuziosa del legno e il tipo di vernice giallo ambra erano lontanissimi da quelli della scuola cremonese. Altro elemento particolare, la firma: perché il "del Gesù" avrebbe dovuto cercare la protezione dei Gesuiti (ecco da cosa trae origine la firma IHS) quando la sua famiglia aveva già la protezione dei Carmelitani Scalzi? (1)

Sulla vita piena di ombre di questo liutaio maledetto aleggia anche una presunta incarcerazione per omicidio. Ciò striderebbe con la personalità di Bartolomeo Giuseppe Guarneri che tutti descrivevano come un uomo tranquillo.

Una figura completamente stravolta dalle leggende romantiche o semplicemente un uomo che si dedicò alla liuteria seguendo però una strada diversa e più personale rispetto alla sua famiglia? Ancora oggi è difficile discernere tra verità storica e leggenda. 

La leggenda dice che il "del Gesù" fu condannato per avere accoltellato un uomo durante una lite in una bettola. Fu incarcerato per dieci anni e ne uscì solo grazie all'intervento di alcune personalità importanti tra cui il collega Stradivari. Durante gli anni di detenzione si innamorò della figlia del Capitano della prigione, ecco perché si parla di "violini della prigione" e dei "violini della serva". Probabilmente la leggenda che Paganini avesse imparato ogni segreto del violino durante lunghi anni trascorsi in carcere, trae origine anche da questa leggenda riguardante il "del Gesù" che fu appunto il costruttore del suo "Cannone".

Chiunque fosse Guarneri del Gesù, creò modelli tra i più belli di ogni epoca, più rari degli Stradivari e molto ricercati dai virtuosi.

Il Cannone

La storia di come Paganini entrò in possesso del Guarneri del Gesù del 1743 è uno dei miti centrali che fanno parte della sua leggenda. Il violino gli venne regalato nei primi anni dell'Ottocento a Livorno dal Livron, un mercante francese e impresario del teatro presso il quale Paganini suonava per contratto.

Non è del tutto chiaro come mai Livron abbia regalato al giovanissimo violinista il proprio Guarneri, ma secondo la leggenda all'inizio era solo un prestito. Paganini era giunto a Livorno senza uno strumento, avendo dato il proprio in pegno per un debito di gioco.
Dopo averlo sentito suonare, Livron comprese che il violino aveva trovato il suo vero padrone e insistette perché Paganini lo tenesse: "Non profanerò mai quelle corde che le vostre dita hanno toccato; lo strumento è ormai vostro".

Il violino Guarnerius fu realizzato dal "del Gesù" nel 1743, un anno primo che il liutaio morisse. E' un violino particolare: conserva intatte tutte le sue parti, ad eccezione della catena. Il manico, ancora originale, è stato leggermente modificato nel corso degli anni in base all'evoluzione della tecnica violinistica. La tastiera, la cordiera, i bischeri, il ponticello, l'anima e le parti accessorie sono state sostituite. Secondo alcuni esperti, la testa del Guarnerius potrebbe essere stata realizzata da una mano inesperta, forse quella di Caterina Roda, la moglie di "del Gesù" che, come attesta un'etichetta "Cattarina Guarneri", lavorò in bottega con il marito.
Per larghezza, lunghezza e spessore, il Guarnerius è un violino fuori dal comune. Queste caratteristiche gli conferiscono un suono potente e profondo, quasi animalesco.


Il Guarneri di Paganini, conservato a Palazzo Tursi, Genova

Il suono vibrante e potente, di questo violino del Gesù era perfetto per lo stile di Paganini. Violino e virtuoso sarebbero diventati una cosa sola e presto il Guarneri del Gesù sarebbe stato ribattezzato con un nome molto significativo: il Cannone. Contrariamente a quanto si può credere, questo soprannome non fu un'idea di Paganini ma un'intuizione del recensore del "Giornale delle due Sicilie" dopo aver ascoltato un concerto del maestro al San Carlo di Napoli nel giugno del 1819.
Nel 1825 il violino rischiò di essere distrutto dalla compagna di Paganini, Antonia Bianchi, in seguito ad una scenata di gelosia. Scrive Paganini all'amico Germi: "L'altra sera per non averla condotta meco da un negoziante dove dovevo solo trattenermi solo un quarto d'ora per affari miei, essa prese la mia cassetta e la lanciò dall'alto al suolo quattro volte finché la vide in pezzi. E fortunatamente il mio cameriere avendo preso o per meglio dire strappato il mio violino dalle sue mani, lo salvò e miracolosamente lo trovai salvo ma alquanto risentito".

Nonostante Paganini fosse un innovatore, per il suo violino predilesse la montatura e i materiali tradizionali. Persino nel modo di suonare il maestro preferì la postura "barocca". Usò sempre lo stesso tipo di corde che richiedeva esclusivamente ai migliori cordai napoletani e non mancava di raccomandare all'amico Germi di sorvegliare gli artigiani durante il delicatissimo processo di fabbricazione delle corde.

Il Vuillaume che fu di Sivori
perfetta copia del Guarneri di Paganini
Nell'autunno del 1833 il Guarneri riportò dei seri danni. Scrive Paganini a Germi: "In Inghilterra dando concerti in giro, le mie cantanti inglesi, due maledette signorine, consegnarono il mio violino al cocchiere, invece di metterselo in mezzo alle gambe. La cassetta cascò e si guastò detto violino che l'ho dato ad un celebre per accomodarlo. Spero bene." 

Si rese necessario un intervento e Paganini affidò il suo strumento al celebre liutaio Jean-Baptiste Vuillaume assistendo al restauro come attestano queste parole: "fu come se lo scalpello penetrasse nella mia carne".

Vuillaume, avendo a disposizione il Cannone 24 ore su 24, all'insaputa di Paganini, ne realizzò una copia perfetta e la consegnò all'ignaro maestro che si accorse dello scambio solo perché fu Vuillaume a svelargli il tranello. Paganini rimase entusiasta del clone e si offrì di acquistare la copia ma Vuillaume volle donarglielo in segno di stima.

Successivamente la copia del Guarneri fu venduta dallo stesso Paganini al suo unico allievo, Camillo Sivori, nel 1840 per la somma di 500 franchi che il maestro passò a Vuillaume. Dopo la morte di Sivori nel 1894, gli eredi donarono lo strumento al comune di Genova.
Attualmente il Vuillaume di Sivori si trova accanto al Guarneri di Paganini a Palazzo Tursi.

Pochi strumenti musicali hanno avuto un rapporto così viscerale e simbiotico con i successi artistici di un genio. Lo strumento è per un musicista un mezzo attraverso il quale esprimersi ma nel caso di Paganini esso fu molto di più: "quello strumento che ormai non è più un pezzo di legno ma della sua stessa carne", un prolungamento di se stesso, una sorta di alter ego sul quale egli impresse per sempre l'impronta del suo mento (all'epoca non si usava la mentoniera e sul Cannone è ben visibile l'impronta del mento di Paganini). Non si sa bene come accada ma un violino assimila il modo di suonare, lo stile e il temperamento del suo "padrone".

Il Cannone fu perfettamente riparato da Vuillaume come scrive Paganini a Germi in una lettera del 9 marzo 1834: "Il violino è stato bene accomodato".

Nel testamento di Paganini del 27 aprile 1837, redatto tre anni prima di morire, il violino Guarnerius viene destinato alla città di Genova: "lego il mio violino alla città di Genova onde sia perpetuamente conservato".
Dopo la morte del maestro ci volle del tempo perché le sue volontà fossero rispettate. Il figlio Achille si dimostrò infatti restio a cedere il violino ad una città che, tra l'altro, si era rifiutata di accogliere le spoglie mortali di suo padre. La consegna ebbe luogo solo 11 anni dopo la morte del maestro, il 15 luglio 1851.



Note:

(1)
Il noto "bollo del Gesù" come lo definiva il celebre collezionista di strumenti ad arco Ignazio Alessandro Cozio conte di Salabue, è un cristogramma che però, secondo un recente studio di Don Andrea Foglia, non sarebbe da confondersi con il cristogramma dei Gesuiti che presenta sotto l'h i chiodi della passione. Il Cristogramma dei violini di Guarneri del Gesù sarebbe piuttosto quello di San Bernardino da Siena.


3 commenti:

  1. Wonderful. However, your 3rd and 4th paragraphs are nonsensical.The 3rd paragraph ends without a period in mid thought...
    The 4th paragraph sentence "to a celebrity to accommodate him," seems out of place. Thank you for your efforts. I have learned a lot from this blog.

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    1. I'm happy to have been useful to you in learning something more about Paganini but I didn't understand what problems you encountered in the third and fourth paragraphs of the chapter dedicated to the violin. Maybe your translator doesn't work very well because periods and punctuation are perfect and there are no sentences out of place. Often the meaning of a sentence when translated into another language can take on a different meaning.

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    2. The sentence in the fourth paragraph that you quote, for example, and that seems out of place to you, is taken from a letter of Paganini to his friend Germi. Paganini uses an outdated Italian and I suppose that the English translation takes on a strange meaning.

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