21/09/13

Il Carnevale romano del 1821

Il Carnevale Romano in via del Corso - Thomas Uwins
Rossini e Paganini trascorrono insieme il Carnevale del 1821 ed è in questa occasione che Niccolò dirige un'opera del pesarese: il clou della stagione teatrale è un'opera di Rossini, Matilde di Shabran, scritta per il Teatro Apollo. Alla vigilia della prima il direttore d'orchestra muore d'un colpo apoplettico e Rossini sceglie Paganini per sostituirlo. Niccolò ha una buona esperienza come direttore d'orchestra perché ha ricoperto questo ruolo a Lucca, alla corte di Elisa Baciocchi, e non sarà l'ultimo grande violinista a dirigere un'opera di Rossini (Salvatore Accardo diresse "L'occasione fa il ladro" nel 1987 al Rossini Opera Festival di Pesaro). 
La fama diabolica di Paganini deve ancora arrivare ma certo in questo periodo Niccolò ha già assunto nell'aspetto un qualcosa di inquietante e divertente.


L'opera di Rossini viene contestata alla prima, com'è ormai costume a Roma. Nonostante ciò i due colleghi si apprestano a festeggiare insieme il Carnevale.



Massimo D'Azeglio nelle sue Memorie ci ha lasciato un bel resoconto di queste serate gaudenti:

Rossini in un ritratto giovanile
"Erano a Roma Paganini e Rossini, cantava la Lipparini al Tordinona. S'avvicinava il Carnevale, e si disse una sera: "Combiniamo una mascherata". Che cosa si fa? che cosa non si fa?
Si decide alla fine di mascherarsi da ciechi e cantare, come usano, per domandare l'elemosina. Si misero insieme quattro versacci che dicevano: "Siamo ciechi, siamo nati per campar di cortesia, in giornata dall'allegria non si nega carità".

Rossini li mette subito in musica, ce li fa provare e riprovare, e finalmente si fissa d'andare in scena il giovedì grasso. Fu deciso che il vestiario al di sotto fosse di tutta eleganza e di sopra coperto di poveri panni rappezzati. Insomma una miseria apparente e pulita.

Rossini e Paganini poi dovevano figurare l'orchestra, strimpellando due chitarre e pensarono vestirsi da donna. Rossini ampliò con molto gusto le sue già abbondanti forme con viluppi di stoppa, ed era una cosa inumana. Paganini poi, secco come un uscio, e con quel viso che pareva il manico di un violino, vestito da domma compariva secco e sgroppato il doppio.

Non fo per dire, ma si fece furore: prima in due o tre case dove s'andò a cantare, e poi al Corso, poi la notte al festino".

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