La vita


L'infanzia
"Egli se ne andava per le strade rimuginando ritmi e melodie, cui si mescolavano le sue idee fanciullesche, e trovando accordi ancor più melodiosi. Tutto ciò nel sole, fra le canzoni, le arance e le birichinate. Lo si vedeva tra gli scapestrati della sua età, a piedi nudi e coi crini d'archetto al vento, nel porto catramoso. Sempre a brandelli, con quelle sue membra gracili, con gli occhi d'onice, un gran naso, una carnagione da bambina". (Renée de Saussine)


Niccolò Paganini nasce a Genova (con antenati originari di Carro) nella notte del 27 ottobre 1782, segno zodiacale l'estroso scorpione, terzogenito dei sei figli di Francesco Antonio Paganini Teresa Bocciardo (1). I problemi nella sua biografia si affacciano subito, dal nome innanzitutto: Nicolò o Niccolò? I biografi sostengono siano corrette entrambe le dizioni perché Paganini si firmò indifferentemente in una maniera e nell'altra, anzi alle volte si firmava persino "Nicola".

Certificato di battesimo di Paganini Registro n ° 225, pagina 213
Chiesa di S. Croce e del SS. Salvatore per gli anni 1766 - 1795.
"Anno 1782, die 28 octobris, Nicolaus Paganino Antonii filii 
Johannis Baptistae et Theresiase Johannis Bocciardo coniugum,
 Natus heri et hodie a me Praeposito baptizatus;  suscientibus
  Nicolao Caruta Quondam Bartolomaei et Columba Maria Ferramolla uxore." 


L'atto di battesimo, vergato in latino, riporta però la questione al punto di partenza. Vi si legge Nicolaus Paganini rendendo in questo modo impossibile una traduzione.

Trascorre l'infanzia in una casa "certo non signorile ma neanche sprovveduta dell'indispensabile" in una di quelle viuzze strette fra giri tortuosi e prospettive oblunghe di scalinate, con le case a ridosso l'una sull'altra tra file di panni stesi e finestre ammiccanti che il dialetto locale chiama "carrugi". (2)

La casa natale di Paganini
 in Passo di Gatta Mora
oggi scomparsa perché distrutta
 dal piano regolatore del 1970.
I Paganini ne occupavano
i due piani superiori.
Ed è nel carruggio di Passo di Gatta Mora, fra portuali come il padre "ligaballe" (imballatore in porto) e donne del popolo come la madre Teresa che il piccolo Niccolò forma il suo stile musicale; ascolta la musica che si fa per strada o nelle osterie; strumenti, canti, danze e inflessioni dialettali che incideranno con diverso peso sulla sua arte violinistica.

Tra gennaio e marzo del 1786 una grave epidemia di morbillo si abbatte sul nord italia. In febbraio Niccolò si ammala di morbillo assieme alla sorellina Angela. Angela muore mentre Niccolò sarà colto da complicanze: un'encefalite morbillosa con crisi catalettiche tali da farlo credere morto. E' la madre, la signora Teresa, ad accorgersi che il piccolo è ancora vivo, da un impercettibile movimento. E' curioso osservare che lo stesso fenomeno di morte apparente è riscontrabile nella biografia del piccolo Liszt.

L'encefalite morbillosa lascerà dei segni indelebili sul sistema nervoso del maestro, segni che si faranno sempre più evidenti in età matura.

Niccolò è un bambino delicato e sensibile, con una pelle straordinariamente fine che lo rende indifeso agli sbalzi di temperatura, da qui raffreddori e bronchiti ripetuti, soprannominato dai coetanei "spassuia", scopa,  per via del suo aspetto gracile.

Rimessosi anche dalla scarlattina (1789), è il padre ad avviare il bambino allo studio del mandolino e poi del violino. Antonio Paganini, oltre a svolgere il mestiere di "ligaballe", è un appassionato di musica tanto che figurerà nei registri di Napoleone fra i "teneurs d'amandolines".

"A sette anni ebbi le prime lezioni di violino da mio padre che non aveva molto orecchio, ma aveva una grande passione per la musica. In pochi mesi fui capace di eseguire qualche pezzo a prima vista",  racconterà molti anni dopo il maestro.

Niccolò viene presto sottoposto al regime degli "enfants prodiges": esercizi, scappellotti e privazioni; carezze e moine anche, nei giorni in cui lo si esibiva davanti agli amici, secondo la moda di allora:"sulla tavola, al dessert, come una statua in mezzo alle torte". "Mi costringeva con la fame" dirà in seguito Paganini del padre, aggiungendo che tale regime era inutile considerando il grande talento e la natura di autodidatta di cui era dotato.

Da notare come il regime di studi severissimo e coatto cui Antonio assoggetta il figlio, guasti per sempre un rapporto affettivo con il bambino che già dimostra di avere un carattere ribelle e difficile, mentre si rafforzeranno i sentimenti di Niccolò verso la madre.

Teresa Bocciardo, amante anche lei della musica, dotata di una bella voce ma semianalfabeta, sogna per i suoi figli, Carlo e Niccolò, una carriera musicale in ascesa. Si dice che in un sogno la signora Teresa ebbe una strana premonizione. Una creatura soprannaturale le avrebbe profetizzato la carriera sfolgorante del figlio minore. In una lettera di Teresa a Niccolò del 21 luglio 1828  si può leggere: "Il sogno si è verificato, quello che Dio mi disse è succeduto, il vostro nome è grande...". (3)

Veduta di Genova verso la fine del XVIII secolo, dipinto di Jacob Philipp Hackert

Note:
(1) Antonio Paganini sposò ventiquattrenne la diciassettenne Teresa Bocciardo nel 1777. Da questa unione nasceranno 6 figli, due dei quali moriranno in tenera età: Carlo il primogenito che fu anche lui violinista (1778), Biagio morto ad un anno di età (1780), Niccolò (1782), Angela (1784) morta a 2 anni, infine Giulia Nicoletta (1786) e Paola Domenica (1788). 

(2) La casa di Paganini si trovava al civico 38 di Passo di Gatta Mora (già Vico Fosse del Colle 1359). Oggi la casa del maestro non esiste più essendo stata demolita dal piano regolatore nel 1970. Vi si poteva leggere:"Alta ventura sortita ad umile luogo. In questa casa, il giorno 27 di ottobre dell'anno 1782, nacque, a decoro di Genova e delizia del mondo., Niccolò Paganini, nella divina arte dei suoni insuperato maestro".

(3) Teresa Bocciardo era semianalfabeta. Le lettere che inviava al figlio erano scritte da familiari o amici. 


I primi insegnanti


Un giovanissimo Paganini
Nel 1792 Antonio, riconoscendosi incapace di poter impartire vere e proprie lezioni al figlio, affida Niccolò ad un professore, un buon violinista di teatro, Giovanni Cervetto (o Servetto) che non fa che ripetere al piccolo allievo "Non alzare il terzo dito, non alzare il terzo dito!". 
Alle lezioni del Cervetto si aggiungono i suggerimenti di un altro genovese, il compositore Francesco Gnecco (1769-1811) autore de "La prova di un'opera seria" (1803).

A dodici anni Niccolò inizia a suonare in ambienti sacri e alle funzioni, secondo le consuetudini del tempo. Nella chiesa di San Filippo si esibisce per la prima volta come solista il 31 maggio 1794: "Fu in essa eseguito un armonioso concerto da un amabilissimo giovinetto d'anni 12, ch'è il Sig. Niccolò Paganino, allievo del cel. Sig. Giacomo Costa professore di Violino, che riuscì di universale ammirazione e gradimento". Il 1° dicembre 1794 si esibisce per la seconda volta nella chiesa di Nostra Signora delle Vigne dove stupisce quanti lo ascoltano per la grande "destrezza e maestria".

Questi concerti, fra maggio e dicembre del 1794, sconosciuti i programmi (forse un lavoro di Pleyel), hanno alle spalle le lezioni di Giacomo Costa dal quale Niccolò dichiarerà di aver ricevuto trenta lezioni in sei mesi.


Costa, Maestro di Cappella in Duomo, a San Lorenzo, doveva essere un buon maestro se dalla sua scuola uscirono il già citato Gnecco, Giovanni Serra che divenne primo violino-direttore presso il Teatro Carlo Felice di Genova ma soprattutto Ernesto Camillo Sivori, futuro allievo di Paganini.  Eppure al giovanissimo Niccolò il metodo di Costa sembra spesso "contrario a natura", una natura atipica, capace di assorbire il violinismo settecentesco fino alle estreme punte virtuosistiche e di inventare al tempo stesso il futuro dello strumento in modo fulmineo e ad altezze impensate ed impensabili. 


Nel 1795 Paganini scrive quattordici Variazioni sul tema della Carmagnola, un canto rivoluzionario francese che negli anni tumultuosi di fine secolo era divenuto popolare anche a Genova, dove circolava fra i sostenitori dei Giacobini. Sono quattordici spaccati di difficoltà che mostrano una scrittura violinistica ancora un po' infantile ma già singolarmente personale.

Niccolò proporrà  le sue variazioni sulla Carmagnola in un concerto del 31 luglio 1795, cui presero parte come cantanti il soprano Teresa Bertinotti Radicati, non ancora ventenne e il sopranista Luigi Lodovico Marchesi. Sul settimanale genovese "Avvisi" si poteva leggere:

"Venerdì prossimo venturo vi sarà Accademia nel Teatro di S. Agostino Questa verrà data da Niccolò Paganini, Genovese, giovinetto già noto alla sua Patria per la sua abilità nel maneggio del violino. Avendo egli determinato di portarsi a Parma per perfezionarsi nella sua professione sotto la direzione del rinomato Professore Sig. Rolla, e non avendo al caso di poter supplire alla molte spese a ciò necessarie, ha immaginato questo mezzo per farsi coraggio a pregare i suoi Compatrioti a voler contribuire a simile suo progetto, invitando ad intervenire a questo trattenimento che spera debba riuscir di loro gradimento". 
Marchesi riferirà in seguito:"Il violino si faceva orchestra, schiudeva orizzonti mai visti prima nell’espressione dell’arte musicale".

Il marchese Di Negro 

E' in uno di questi concerti che Paganini conosce il marchese Giancarlo di Negro, il quale è ammirato e affascinato dal giovane violinista diviene suo mecenate. Di Negro, nella sua casa di via Lomellini a Genova (e nella sua celebre villetta acquistata nel 1802), riceve artisti e musicisti e anche Niccolò sarà spesso ospite di alcune serate musicali.

E' nella ricca biblioteca del marchese che  Paganini può soddisfare la sua brama di conoscenza. (1) Il regno del violino, vecchio di due secoli, diviene presto di suo dominio attraverso lo studio di predecessori illustri, dal grande fondatore, Arcangelo Corelli, a Geminiani, Veracini, Vivaldi; ai  i più "recenti" Tartini, Pugnani e Viotti. Ma è soprattutto l'opera di Pietro Locatelli, "Arte di nuova modulazione" definita nell'edizione francese:"Capricci enigmatici" a costituire il suo bagaglio spirituale, un precedente violinistico senza il quale l'esperienza di Paganini sarebbe forse impensabile. 

I capricci enigmatici di Pietro Antonio Locatelli, sono 
dodici concerti per violino, archi e basso continuo contenenti
ventiquattro Capricci per violino solo ad libitum che sbucano 
all'improvviso verso la fine dell'Allegro con lo scopo di spiazzare
l'ascoltatore, elemento fondamentale nella poetica virtuosistica.

Note:
(1) Parte della ricca Biblioteca del marchese Di Negro oggi si trova presso la Biblioteca Berio a Genova 


L'incontro con Alessandro Rolla
"Niccolo va su e giù, per giornate intere, su quello strumento che ormai non è più un pezzo di legno, ma della sua stessa carne, e fa tanto male, per giunta: alle dita che, dopo una giornata di martellamento, pare ci sia caduto sopra un macigno, al cuore che, a tratti, per il semplice gemito delle corde, si mette furiosamente a ballare, ai nervi, che si tendono come spago". Fausto Sartorelli - L'uomo violino

Poiché l'incasso del concerto del 31 luglio 1795 permette un viaggio d'istruzione, Paganini si reca a Firenze su interessamento del marchese Di Negro che aveva organizzato un incontro con Salvatore Tinti, membro della cappella di Corte e  dell'orchestra del teatro di Firenze, rinomato come violinista e come didatta.
Da Firenze, sempre accompagnato dal padre e forse anche dal marchese, si reca a Parma per ricevere lezioni dal celebre professore Alessandro Rolla, compositore, violinista e violista di talento. Rolla quel giorno è a letto ammalato e non è disponibile a ricevere. Improvvisamente risuona nella sua casa un "a solo" del suo ultimo concerto che asciugava ancora manoscritto nella stanza attigua. "Cercavo di leggere il concerto...." racconterà Paganini molti anni dopo "Rolla ne fu impressionato...".


Il marchese Gian Carlo Di Negro
Alessandro Rolla nel 1799
ritratto di Andrea Appiani








"Invece di insegnarmi violino, mi consigliò di imparare il contrappunto dal maestro Ghiretti, napoletano, violoncellista di Corte, maestro di Ferdinando Paër. Difatti il Ghiretti mi insegnò il contrappunto solo per iscritto e si affezionò tanto a me che mi colmò di lezioni, ed io composi, sotto la sua guida, molta musica strumentale".

L'incontro con Rolla è dunque rivelatore. Il grande violinista pavese non ha nulla da insegnare a Paganini e Paganini nulla da imparare sullo strumento. Dovrà piuttosto colmare il vuoto di conoscenza dell'armonia, del contrappunto e della composizione con maestri come Ghiretti e Paër. L'anno trascorso a Parma include, oltre allo studio, concerti presso le residenze estive dei sovrani a Colorno e Sala Baganza e nel regio teatro della città. A Parma è colpito da una grave polmonite e viene curato con salassi, all'epoca panacea per ogni male, che però sortiscono solo l'effetto di indebolirlo ulteriormente. Ritorna quindi a Genova per trascorrere la convalescenza a Romairone in Val Polcevera nella casa del nonno paterno (1796).

Nel frattempo mette a frutto l'insegnamento dei suoi recenti maestri e compone "altri concerti e variazioni": "musica difficile", dove sperimentare la sua realtà violinistica per padroneggiarla del tutto, che alcuni studiosi hanno voluto identificare nei Capricci op.1 per violino solo: "Componevo della musica difficile esercitandomi continuamente nelle difficoltà di mia invenzione, difficoltà delle quali mi resi padrone".
Arriva così a studiare 10/12 ore al giorno sfidando la resistenza umana mentre il suo corpo aderisce strettamente al violino e la spalla destra diventa più alta della sinistra. 



Nel novembre 1796 il marchese Di Negro organizza un incontro in casa sua fra Nicolò quattordicenne e il grande violinista Rodolphe Kreutzer, a Genova per un concerto in onore di Giuseppina Bonaparte.
E' in questo periodo che Niccolò si reca in casa del marchese per consultare la sua ricca biblioteca.

L'Adolescenza

Nel 1797 cade la Repubblica aristocratica e al suo posto si instaura quella democratica che dura però lo spazio di un mattino, oltretutto contestata dai sostenitori dell'antico regime, i cosiddetti "Viva Maria" dal nome dell'inno che la nobiltà contrapponeva alla giacobina Carmagnola. 

Con il nuovo governo di Genova, nato sotto l'influsso francese e a carattere popolare ma soggetto a vari reimpasti, le truppe napoleoniche arrivano in città e la Repubblica ligure, in una fase ormai avanzata del suo tramonto, entra nell'orbita della Francia.
Anche Paganini partecipa ai moti politici fino a quando nell'autunno del 1799, dichiarato lo stato di assedio della città di Genova, si rifugia assieme alla famiglia nella quiete del Casinetto di campagna a Romairone (in val Polcevera) che Antonio ha ereditato dal padre Giovanni Battista scomparso nel febbraio di quell'anno. Ma gli eventi bellici che scuotono Genova allo scadere del Settecento mal si conciliano con l'attività musicale. Così in cerca di luoghi più tranquilli dove far conoscere il proprio talento di virtuoso, Paganini si rimette in viaggio e segue il padre, obbligato a sua volta, dopo che i francesi hanno bloccato il porto con un'azione di forza, a cercare lavoro sui moli livornesi. Così mentre il blocco della flotta inglese "impedisce i rifornimenti via mare dalla Francia e la popolazione e pressoché ridotta alla fame" (moriranno trentamila cittadini, inclusi i suicidi), Paganini è ormai al sicuro a Livorno. Qui nei primi mesi nel 1800 si diverte a comporre "musica per fagotto per un dilettante svedese che si lagnava di non trovare musica difficile". Poi tra luglio e agosto, dopo aver promesso negli "Avvisi d'Accademia" di eseguire, come sempre, a prima vista qualsiasi pezzo di musica gli fosse presentato, tiene due concerti in una sala di concerto reperita grazie ad una lettera di raccomandazione per il console britannico Colonnello Archibald McNeill. Al primo di essi ha una brutta sorpresa perché per l'ostilità di un'associazione musicale locale si trova a dover suonare senza orchestra e per tre ore si esibisce solo o con accompagnatori reperiti sul momento ricavando ugualmente un successo enorme." I miei avversari si scusarono dicendo che mi ritenevano troppo giovane per dare una dimostrazione di quanto ero capace".




Trovatosi, come egli stesso raccontò, "per diporto senza violino", riceve in dono mecenatesco dal Livron, negoziante e impresario teatrale, uno strumento che gli studiosi identificano essere il Guarneri del Gesù del 1742. "Trovatomi una volta a Livorno per diporto e senza violino, un monsieur Livron m'impresta un violino per sonare un concerto di Viotti, e me ne fece poi regalo".
Si tratta, secondo gli storici, del "violino cannone" dalla potente voce baritonale legato per testamento alla città di Genova, dov'è conservato a Palazzo Tursi, sede del Comune, in tandem con lo strumento di Camillo Sivori. Il Livron non lo volle più indietro dicendo al giovanissimo violinista: "Non profanerò mai quelle corde che le vostre dita hanno toccato; lo strumento è ormai vostro". Il suono vibrante e potente di questo Guarneri del Gesù era perfetto per lo stile di Paganini e violino e virtuoso sarebbe diventati una coppia inseparabile.

A questo episodio seguono due accademie al Teatro Rangoni di Modena, il 5 e il 21 dicembre 1800, nel quale Niccolò propone due concerti (non meglio identificati) di Kreutzer e Rode, concerti che assieme a quelli di Viotti fanno parte del suo primo repertorio, e la Sinfonia della Lodoviska ancora di Kreutzer (più tardi arrangiata per chitarra) che Paganini abbellisce coi "flautini fatti con l'arco", cioè con l'impiego di suoni armonici
Tra i lavori giovanili, oltre le Variazioni sulla Carmagnola che Niccolò, nell'Europa della Restaurazione, non riprenderà più, vi è un Fandango spagnolo purtroppo andato perduto, in cui si imitano le voci dei vari uccelli e che verrà ripreso in alcuni concerti a venire come specchio di quel gusto sei-settecentesco e barocco per gli effetti onomatopeici che i violinisti italiani avevano ripreso da quelli tedeschi.

Il primo trionfo di Paganini - Annibale Gatti

Nel 1801 ritorna a Genova e lo stesso Niccolò ci informa: "Restituitomi poi in patria mi dedicati all'agricoltura e per qualche tempo presi gusto a pizzicare la chitarra". All'approfondimento del violino segue dunque quello della chitarra che Paganini non suonerà mai pubblicamente ma solo alla presenza di pochi intimi.

Lucca

La Festa della Santa Croce
 "Quattro anni prima dell’incoronazione di Napoleone a Milano, mi recai a Lucca per la rinomata funzione della santa Croce […] La Repubblica di Lucca mi nominò primo violino di Corte"

Nel settembre del 1801 Niccolò giunge a Lucca, finalmente svincolatosi dalla presenza troppo pressante e poco gradita del padre, accompagnato dal fratello maggiore Carlo, più anziano di quattro anni, anch'esso violinista e in cerca di sistemazione. Un bando indetto per la Festa della Santa Croce chiama a raccolta strumentisti di valore. "Esaminato secondo gli statuti e ammesso all'esecuzione, Paganini tiene il suo concerto nella Chiesa di San Martino (14 settembre 1801): un concerto invero poco rispettoso della sacra funzione, con pirotecniche imitazioni di animali, corni, trombe; un'esibizione che però suscita "fanatismo" a non credere". L'abate Jacopo Chelini. violista e confessore presso la famiglia Sardini, così descrive il memorabile concerto nel suo diario Zibaldone: "Si ebbe il poco riguardo di fare eseguire, caso del tutto nuovo, un concerto di violino da un tal Paganini Giacobino Genovese che era venuto alla musica dopo il Chirie eleison e questo concerto durò 28 minuti. Questo professore aveva una grande abilità ma non aveva né criterio né giudizio musicale. Imitava col violino il canto degli uccelli, i flauti, le trombe, i corni etc di moto che il suo concerto terminò in opera buffa facendo ridere tutti nel tempo che restavano ammirati dall'abilità e dalla freschezza di costui. Questo concerto ebbe però un grandissimo plauso dicendo che mai per Santa Croce c'era stata una simile musica e se taluno ne avesse detto male si correva rischio di andare in prigione".


Il Duomo di San Martino, Lucca



Dalla testimonianza dell'abate Chelini vien fuori tutto lo stile di Paganini, la sua capacità di scandalizzare ma allo stesso tempo stupire ed entusiasmare il pubblico.

La festa di Santa Croce in un certo senso consacra Niccolò che viene presto richiesto in altri concerti e in casa private. L'11 novembre, festa di San Martino, suona nel duomo di Lucca e l'8 dicembre dello stesso anno tiene un concerto presso la chiesa di Santa Maria Cortelandini.
Sul triennio 1801-1804 sappiamo molto poco ma di determinante c'è che Paganini approfondisce lo studio della chitarra sino a diventarne virtuoso di vaglia, ammirato da Berlioz. Frutti precoci e singolarmente maturi del rapporto di Paganini con le sei corde pizzicate sono, intorno al 1803, la Sonata Concertata per chitarra sola con accompagnamento di violino che è il maggior lavoro chitarristico paganiniano, con dedica ad Emilia Di Negro, figlia del fratello del marchese Di Negro, Agostino.

Altro rilievo biografico di questo periodo così avaro di notizie è la conoscenza del generale Jean-Baptiste Milhaud, comandante delle truppe francesi di stanza a Genova dal luglio 1803 all'estate del 1805. Sappiamo come Paganini si recasse giornalmente nella sua residenza di Palazzo Negrone componendo talvolta anche i ballabili per le serate mondane: appunto l'esempio dei disimpegnati Divertimenti carnevaleschi per due violini e basso scritti nell'autunno 1804.


Il soggiorno lucchese

Il soggiorno lucchese di Paganini fu una lunga e fruttuosa permanenza, qualcosa di paragonabile sul piano formativo al rapporto di lavoro di Haydn con il principe Esterhàzy.
La grande e solida tradizione violinistica lucchese, da cui erano emersi due allievi di Pietro Antonio LocatelliFrancesco Gasparini e Francesco Geminiani, e l'ampiezza delle biblioteche musicali della città rendono plausibile l'ipotesi che Paganini possa aver approfondito il legato del suo maggiore e più diretto predecessore.

E' a Lucca che Paganini acquisisce confidenza con l'orchestra assieme alla quale lavora quotidianamente, dirigendo anche "Il matrimonio segreto" di Cimarosa nel 1807 (1). Ed è sempre a Lucca che prendono forma stabile numerosi procedimenti trascendentali del suo virtuosismo: l'impiego della sola "quarta corda" in variazioni di bravura e i "pizzicati con la mano sinistra".

Nel 1805 fa domanda, su suggerimento di Giuseppe Romaggi, per entrare a far parte della Cappella di Palazzo: "Il Gonfaloniere e gli anziani intesa la domanda del cittadino Niccolao Paganini Genovese professore di Violino, veduto il rapporto del Magistrato dell'Interno e la relazione dei cittadini anziani Merli, Pellini e Cotenna, decretano quanto segue: il soprannominato Paganini è ascritto tra i Professori della Cappella Nazionale. Egli avrà l'obbligazione di fare allievi."

Niccolò inizia dunque a darà lezioni di musica e non solo a violinisti ma anche a violoncellisti e contrabassisti. "Paganini diede continuamente lezione al sig. Angelo Torre nel suono del violoncello con molto profitto. Si prestò ancora a titolo di amicizia per il prof. Francesco Bandettini, primo contrabbasso alla Real Cappella con fargli adottare un nuovo metodo nel suono del contrabbasso, del quale si è egli trovato molto bene. Il prof. Delle Piane e il prof. Giovanetti furono buoni allievi per il suono del violino". A questi nomi va aggiunto anche quello di Raffaele Giannini, anche lui allievo di Paganini.

In questo periodo Paganini alloggia nella casa della sarta Anna Quilici  moglie del calzolaio Bucchianeri, dove conosce la sorella di Anna, Eleonora, con la quale vivrà una delicata storia d'amore. Ad Eleonora, che nominerà nel testamento, dedica le sei Sonate per violino e chitarra op. 3. In casa Quilici organizza alcune serate musicali e un gran ballo alcuni anni dopo (il 15 gennaio 1809).

Ecco un giudizio di Bartolomeo Quilici, padre di Anna ed Eleonora sul giovane Paganini:"Fu esso, per quanto lo permettevano le sue finanze, caritatevole con i miserabili e, specialmente con quelli della sua professione, né geloso né invidioso...". Un giudizio importante dal momento che un giorno Paganini sarà accusato di avarizia.

Il 14 luglio 1805 Lucca assiste al trionfale ingresso di Elisa Bonaparte Baciocchi, incoronata principessa di Lucca e Piombino dal fratello imperatore.

Note
(1) Secondo studi più recenti pare che l'opera fu diretta nel teatro di corte non da Paganini ma da Domenico Puccini, nonno di Giacomo. 


Musicista di corte

Dal gennaio 1805 alla primavera del 1807 Paganini è primo violino-direttore  presso l'orchestra di corte della Repubblica di Lucca dove nel frattempo è entrato a far parte il fratello Carlo.
Di questo periodo è celebre un episodio che molti biografi citano: "In quell'epoca era celeberrimo di Lucca certo Galli, suonatore di corno inglese, al quale nel carnevale del 1806 fu affidato un giorno l'incarico di scrivere, per la sera stessa, un pezzo di grande effetto. Alle 11 il Galli confidò il suo imbarazzo al Paganini che sorridendo lo rassicurò. Infatti per le 14 il pezzo per violino e oboe, composto dal ligure, era pronto e venne eseguito la sera tra l'ammirazione generale".

Elisa Baciocchi nomina Paganini "direttore dell'orchestra" e "virtuoso da camera". In seguito lo retrocede secondo violino privilegiando, per ragioni di anzianità, Giuseppe Romaggi, concittadino di Niccolò, che già aveva occupato la carica di primo violino.

Un cronista dell'epoca, l'abate Nerici scrive: "Se il governo dei Baciocchi non giovò direttamente all'insegnamento della musica in Lucca con le sue istituzioni fu quest'arte di piccolo vantaggio alla corte con i concerti serali, cantate, od anche opere in musica che in essa eseguivansi, fra i quali ricordo il Matrimonio Segreto del Cimarosa, diretto dal bravissimo Niccolò Paganini, ed eseguito dalla S. Marianna Motroni, soprano, Gian Bastianni, tenore ed ottimo dilettante e da vari artisti di suono e di canto lucchesi.
Soprattutto fu di somma utilità per i suonatori nostri la non breve permanenza dell'anzidetto Paganini che venuto a suonare alla festa della Santa Croce, fu premurosamente da quei regnanti invitato a trattenersi in questa città. nominandolo nel novembre 1807 primo violino e direttore di orchestra, violino e concertatore alla Corte e maestro del principe che si dilettava di tale arte. Il Paganini per espressione inarrivabile e per le grandi difficoltà che superava, rendeva estatici tutti quanti lo udivano suonare, mentre gli intelligenti e i professori di musica per dire così, si assottigliavano per imitare in qualche modo lo slancio, la grazia, l'espressione, con sommo profitto degli studiosi".

L'entrata nella Massoneria e le prime voci di demonismo 

In questi anni Paganini entra nella Massoneria. Il 27 dicembre 1808 dirige la "colonna armonica" eseguendo un proprio inno massonico su testo di F. Lancetti, inno di cui si sono perse le tracce. Questo elemento è importante perché un giorno Paganini sarà accusato di non avere un credo politico e di non interessarsi delle sorti italiane. 

Sempre in questo periodo iniziano a girare le prime voci di stregoneria, voci che seguiranno Paganini nella tomba e anche oltre. Tutto aveva avuto origine a Lucca con un libello attribuito ad Alessandro Amati, intitolato "I cinque e incontri", nel quale Paganini appariva in una luce fantastica e di pessimo gusto:

"Fuori porta Pitti sorge la collina dominata da Fiesole, città in altri tempi rivale della capitale toscana...Vi si respira aria pura, e l'occhio spazia su di un panorama che pare un sogno. Una bella mattina di maggio salivo lentamente quella collina, quando la mia attenzione fu attratta da un forestiero che camminava davanti a me, e che pareva un esaltato; parlava da solo, gesticolando, scoppiava in risate convulse; poi all'improvviso, si mise a fissare con occhi demoniaci una bella contadinella che ci veniva incontro con passo leggero recando un cesto di fiori...ma, appena vide quel personaggio strano, la giovane contadina si turbò, barcollò, per poco non cadde, è andò fuggendo a nascondersi dietro le rocce, mentre un sorriso sfiorava le labbra dell'uomo". L'indomani l'incontro successivo avveniva durante un temporale. Nuvole fosche rotolavano "come onde del mare", quando Amati, passando il Ponte delle Grazie, si  trovò tra i ruderi di un castello ove, sdraiato sull'erba incolta, il medesimo uomo aggiungeva i suoi ai gemiti dell'uragano.

La sera dopo Amati incontrò ancora sulle rive dell'Arno lo strano individuo; un chiaro di luna preludeva al concerto di tutti gli uccelli della ripa... l'uomo fischiava imitando, senza nessuna difficoltà, il canto soave dell'usignolo.
Finalmente lo rivide l'indomani. Una banda di scapestrati sfilava, cantando al suono di una chitarra, sotto i Portici degli Uffizi. Il solito sconosciuto comparve all'improvviso, tolse la chitarra ad uno dei giovani, si mise in testa a loro e conducendoli in una danza indiavolata fino a Piazza della Signoria, li trascinò in una taverna. Ma non assomigliava per nulla all'individuo malinconico e languente degli incontri precedenti. Scarmigliato, con petto nudo, agitato da un furore demoniaco che squassava la chitarra divenuta magica, scatenava tra i suoi compagni un baccanale, un'orgia. Poi scomparve, senza che nessuno sapesse più nulla di lui.
"Qualche giorno dopo seppi che Paganini dava un concerto. Avido di udire quell'incomparabile artista che non conoscevo ancora, corsi a Teatro....Finalmente il sipario si alzò. Rimasi di stucco riconoscendo nel violinista il misterioso personaggio che mi aveva tanto colpito. Non parlerò del fanatismo del pubblico. Dirò soltanto che quella sera mi parve di riprovare tutte le impressioni che lo strano individuo mi aveva procurato; l'apparizione della bella contadina, l'uragano tra le rovine, il canto degli uccelli sulle rive del fiume, le follie dei Portici degli Uffizi".

Il libello di Alessandro Amati è un documento interessante perché colloca le dicerie sulla natura demoniaca di Paganini molto prima di quanto si pensi.

Da musicista di corte a libero concertista, i primi giri in Italia

Nel 1809 Paganini si licenzia dai Baciocchi e inizia una nuova fase nella sua vita, quella del moderno concertista.

Fra il 1810 e il 1813 c'è un altro buco nella biografia del maestro. Le notizie sono scarse anche se il Berri in qualche modo riesce a ricostruire i suoi spostamenti:
1810: 10-11-12 febbraio, Livorno (Teatro degli Avvalorati); 13 marzo, Lucca (Teatro Castiglioncello); 29-30 agosto, Cesena; 18-19-20 settembre, Forlì (Teatro Comunale); 23 settembre, Cappi di Piangipane, vicino Ravenna; 28 ottobre-1° novembre, Rimini (Teatro del Pubblico).

1811: 17 maggio, Modena; 9 agosto, Parma (Teatro Ducale); 22-25 dicembre, Bologna.

1812: 22 gennaio, Ferrara; 9-17 maggio, Parma (Teatro Ducale); 24 maggio, Piacenza.

1813: 8-10-12 febbraio, Bergamo (Teatro Sociale); 19 febbraio, Brescia.

I programmi sono sconosciuti anche se sappiamo che a Rimini Paganini esegue un concerto di Kreutzer (genericamente indicato) ed una "Polacca con variazioni" per violino e orchestra databili al 1810.
Nel 1813 Niccolò compone il primo dei quindici quartetti per violino, viola, chitarra e violoncello.

Milano e le Streghe

Nell'autunno del 1813 Paganini fa il suo incontro con il pubblico milanese suonando alla Scala il 29 ottobre e al Teatro Carcano in dicembre per tornare l'anno seguente al Teatro Re (maggio giugno) dove è accompagnato da Caterina Calcagno, sua giovane allieva, con la quale avrà una breve relazione.
In tutto una ventina di concerti; o meglio di clamorose affermazioni. La fama di colui che il Foscolo chiama l'Achille del violino si propaga anche all'estero tramite entusiastiche ed eloquenti recensioni sui giornali. A Milano tutti lo riconoscono per strada, tutti se lo mostrano a dito.

La Scala di Milano nell'Ottocento

E' di questo periodo una nuova composizione: Le Streghe. L'opera viene eseguita al Teatro Carcano il 15 dicembre. Vincente nella sostanza violinistica (compaiono per la prima volta, in mezzo agli altri ingredienti, gli armonici doppi) e vincente nel titolo, che è carico di suggestioni presto raccolte dalla fantasia popolare.

Le Streghe prende a prestito per variarlo un passaggio solistico dell'oboe che nel "Noce di Benevento" commenta un sopraggiungere appunto di streghe.
L'opera bissa il successo che il balletto di Viganò (su musiche di  Süssmayr) cui si rifà, aveva riscosso l'anno prima quando era stato allestito alla Scala. Di lì a poco l'editore milanese Giovanni Ricordi stampa il primo degli innumerevoli ritratti di Paganini destinati a comparire in tutta Europa.

L'affare Cavanna
"Voi ben sapete quali dispiaceri, quali mortificazioni ho sofferto per lei da parte della polizia" (Paganini a Luigi Guglielmo Germi)

Nel 1814, terminato il giro di concerti, Paganini torna a Genova dove si esibisce al Teatro Sant'Agostino per tre sere e dove apre presso una banca una rendita annua per i genitori. Proprio in questo periodo allaccia una relazione con una ragazza ventenne, Angela Cavanna, detta Angelina, che il padre sarto (si chiacchierava) aveva avviato giovanissima alla prostituzione. Niccolò la porta con sé a Parma e vive con lei more uxorio per alcuni mesi; "Mi si era esibita compagna..." dirà in seguito. A questo punto, anche se non conosceremo mai i fatti come davvero si svolsero, sappiamo che Angelina, in stato interessante, lascia Niccolò per rifugiarsi dalla sorella, a Fumeri (una frazione di Mignanego ai piedi del Giovi), in attesa del parto.
Ne nasce una vertenza giudiziaria con una denuncia da parte del padre di Angelina per "ratto e seduzione di minore"; la vicenda prosegue con una creatura nata morta (una bambina) e circa "sette giorni" di carcere per Niccolò "nel carcere in torre". Ma vediamo come si svolsero i fatti:
in seguito alla denuncia di Ferdinando Cavanna, padre di Angelina, Paganini viene fermato dalla polizia il 6 maggio 1815. Viene imprigionato per qualche tempo, almeno fino al 15 maggio quando si dichiara disposto a comporre la vertenza per 1200 lire (il processo si era tenuto il 13 maggio). Per alcuni biografi Paganini firmò lo stesso giorno del fermo un accordo col Cavanna e quindi fu subito rilasciato evitando il carcere. Ad ogni modo, da tutta questa vicenda, prenderà corpo, indistruttibile, la leggenda che Paganini avesse imparato ogni segreto del violino in "lunghi anni" di prigione (così riferisce Stendhal nelle sua "Vita di Rossini").

Paganini raffigurato in prigione in una litografia di Louis Boulanger.
Scrive Stendhal nella sua "Vita di Rossini": "Paganini, il primo violinista d'Italia, e forse d'Europa,è, oggi, un
giovane di trentacinque anni, dagli occhi neri e penetranti, capigliatura a ciocche. Quest'anima ardente non è giunta
a possedere il suo talento sublime con otto anni di pazienza e di studio, ma per un incidente amoroso, che "dicono"
lo fece rinchiudere in prigione per lunghi anni, solo e abbandonato in una cella che poteva condurlo sul patibolo; non gli
rimase fra i ceppi che il violino. Egli imparò così a tradurre la sua anima con suoni, e le lunghe serate della sua prigionia gli diedero il tempo di divenire perfetto in questo linguaggio".  Forse Stendhal confuse Paganini con Niccolò Mestrino, un violinista vissuto nel secolo precedente, finito in carcere per omicidio. Per tutta la vita Paganini smentì con furia queste calunnie adirandosi in una lettera, contro lo stesso Boulanger, autore della litografia che lo raffigurava in prigione

         

Le accuse del padre di Angelina, d'accordo con la figlia, sono gravi e ben architettate. L'accusa sostiene che il "disumano maestro" avesse tentato di far abortire la povera ragazza con un intruglio a base di erbe e che non essendo riuscito nel suo intento, avesse lasciato sola Angelina che, disperata, sarebbe fuggita dalla sorella in attesa del parto. In realtà il decotto che Paganini aveva preparato era un innocuo intruglio a base di orzo per calmare dei dolori addominali che la ragazza lamentava.

Come in tutte le cose, molto probabilmente, la verità sta nel mezzo. Forse era vero che Angelina era una piccola prostituta e che il padre denunciò Paganini con il solo intento di ricavarne un notevole esborso di quattrini. E anzi, è più che probabile, come sostengono molte biografie, che Angelina fosse d'accordo con il padre ricattatore. Questi, a dire dei vicini, chiudeva spesso fuori di casa la figlia, consigliandole, se voleva del cibo, di "andarselo a guadagnare fuori". Inoltre ella godeva piena libertà di uscire di giorno e di notte e ne approfittava per frequentare i luoghi pubblici in compagnia di gente dall'aspetto poco raccomandabile, ricevendola anche nella casa paterna. Si chiacchierava dunque molto sul conto della ragazza già in un tempo anteriore a quello in cui aveva conosciuto Niccolò.  Ma quasi sicuramente Paganini, volubile per natura, dopo alcuni mesi di convivenza, era già stanco di lei. Ciononostante, appresa la gravidanza, egli aveva già predisposto che il nascituro sarebbe stato allevato in famiglia.

Comunque andarono le cose, la vicenda si conclude secondo l'articolato disegno di padre e figlia: la "poco angelica Angelina" che più tardi andrà sposa ad un altro Paganini, però di nome Giovanni Battista.

IL SENATO DI SUA MAESTA' RESIDENTE A GENOVA
Nella causa di Ferdinando Cavanna e Angelina Cavanna, sua figlia, rappresentati dal procuratore Ciocca ed ammessi al gratuito patrocinio, contro: Nicolò Paganini, costituitosi nella persona del giureconsulto Figari, atteso che risultano sufficientemente provati i fatti della seduzione da parte di Nicolò Paganini sotto promessa di matrimonio, della persona di Angelina Cavanna e del ratto della medesima dalla casa paterna, dopo averla incitata, condotta con lui fino a Parma e, quindi, abbandonata, dopo breve coabitazione con la medesima. Atteso che da codesti fatti deriva il diritto di chiedere un indennizzo per danni morali e materiali subiti per tali cause e per questi motivi,
IL SENATO
dopo aver udita in pubblica udienza la relazione degli atti e il procuratore dei ricorrenti, e non essendo comparso il giureconsulto Figari; ha dichiarato, e dichiara tenuto il suddetto Paganini a indennizzare la nominata Angelina Cavanna per danni morali e materiali subiti dalla stessa nei modi e nelle circostanze sopra detti; e perciò ha condannato e condanna il medesimo Paganini a pagare per indennizzo alla medesima la somma di franchi tremila e le spese di giudizio.
Genova 14 novembre 1816.

Luigi Guglielmo Germi
 grande amico di Paganini
L'unico aspetto positivo della vicenda è la conoscenza che Niccolò fa con Luigi Guglielmo Germi, avvocato che aveva contattato già in precedenza per adire contro Agostino Migone, "palchettaro" del Sant'Agostino per un mancato pagamento. Germi, già eletto membro del Parlamento subalpino e violinista dilettante, non fu nella vicenda Cavanna l'avvocato difensore di Paganini ma si limitò a consigliarlo saggiamente.

Ha inizio in questo modo una lunga e salda amicizia. Germi diventerà confidente, fiduciario, amministratore e procuratore di Paganini, le cui lettere all'amico costituiscono il corpus maggiore del suo epistolario. Da queste lettere è possibile ricostruire la personalità umana e artistica del maestro. Attraverso immagini verbali di straordinaria efficacia, vien fuori il ritratto di un uomo complesso e contraddittorio, di vivissima intelligenza, di grande coraggio nei momenti più bui delle malattie: per contro una grande immaturità e sprovvedutezza nei rapporti sentimentali. In controluce, una forte carica di "genovesità", fedeltà nell'amicizia, il senso spiccato del nucleo familiare d'appartenenza, l'occhio disincantato e l'umorismo penetrante, la cura nell'investire solidamente, parsimonia nelle cose spicciole e capacità di gesti munifici.


La sfida con Lafont

Siamo nel 1815. Sconfitto ed esiliato Napoleone, è tempo di Congresso di Vienna e di Restaurazione. Dopo la parentesi napoleonica viene cancellata la gloriosa Repubblica di Genova. L'annessione al Regno di Sardegna è ormai una realtà. Paganini, tra agosto settembre, prende parte ai festeggiamenti musicali per i nuovi sovrani. Per l'arrivo della nuova regina Maria Teresa (Vittorio Emanuele I la incontrerà a Genova il 10 agosto) sono previsti numerosi concerti, uno dei quali vede Paganini solista oltre che direttore d'una "Cantata allegorica allusiva al fausto arrivo di S. M. la regina" composta dal musicista Grazioli. E' in questo periodo che il maestro compone tre Quartetti per archi (in re minore, in mi bemolle maggiore e in la minore) dedicati "A sua Maestà il Re di Sardegna e Duca di Genova". Sono gli unici quartetti di Paganini fedeli alla formazione classica. Nei successivi (i sei editi da Ricordi, gli altri scritti fra il 1817 e il 1820) troveremo il seguente organico: violino, viola, violoncello e chitarra.

L'avviso di una "Grande Accademia musicale del professore di violino Niccolò Paganini", venerdì 8 settembre al Teatro S. Agostino, elenca, oltre ad una "Raccolta d'Arie con variazioni sulla sola quarta corda del violino" destinate a diventare una ghiotta "specialità" paganiniana, un "Concerto di tre movimenti" annunciato come "di nuovo genere, recentemente composto, ed una volta soltanto sentito in Milano al Teatro alla Scala". Secondo Berri si tratta quasi sicuramente del Concerto in mi minore reperito in copia non autografa e con accompagnamento di chitarra a Londra nel 1972. Il lavoro, sicuramente antecedente al cosiddetto Primo Concerto in re maggiore, fu acquisito dall'Istituto di Studi Paganiniani che lo pubblicò nel 1973 con l'accompagnamento orchestrale di Federico Mompellio.

Charles-Philippe Lafont
Da Genova la vita di Paganini prosegue all'insegna dell'attività concertistica e degli spostamenti continui. A Milano l'11 marzo del 1816 "duella" a suon di musica e di strumento, secondo consuetudine sette-ottocentesca, col violinista francese Charles-Philippe Lafont (1781-1839), l'allievo di Kreutzer e Rode.
Chi vince? Nessuno, data l'imparagonabilità del "fenomeno Paganini". E se Lafont, secondo Paganini, "suona bene, ma non sorprende", Niccolò continua a sorprendere sia che suoni su una corda sola sia che suoni su tutte e quattro.






Continua...















16 commenti:

  1. Bello, bellissimo! Dov'è la seconda parte?!? :)

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  2. molto dettagliato aspettiamo .......

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  3. Bella biografia, complimenti!
    Da astrologo avrei però una domanda: da quali fonti si apprende che Paganini sia nato la notte del 27?

    Grazie, un saluto

    Michele

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    1. Grazie mille per l'apprezzamento Michele. Ho appreso la notizia da alcune biografie ma la fonte primaria non la conosco. Posso però azzardare l'ipotesi che, dal momento che il battesimo avveniva in tempi brevissimi (il giorno stesso della nascita, al massimo il giorno dopo) i biografi abbiano ritenuto più verosimile il fatto che il maestro sia nato nella notte del 27, in quanto il battesimo avvenne il giorno dopo, come si evince ancora dalla vecchia foto del registro parrocchiale.

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    2. Grazie Laura,
      in effetti il ragionamento fila.
      Un saluto

      Michele

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  4. Ignoro comunque se vi siano documenti più dettagliati in merito alla nascita.

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  5. Bella descrizione della quale elaborò qualche particolare per una storia del violinista da postare su F B gruppo Storia e arte a Genova 500/700

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  6. Molto interessante aspettiamo sempre la seconda parte

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  7. Oh, come vorrei tanto leggere la continuazione. Davvero interessante la descrizione.

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  8. La seconda parte quando viene pubblicata???

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  9. Avvincente! Che uomo! Che vita! Che musica! Ce ne sara' un altro di Paganini?

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